riflessione sugli psicofarmaci

Non raramente succede che alcuni nostri pazienti, quando li incontriamo per la prima volta nei nostri studi di Psicologo a Melzo e Psicologia a Novate, assumano già psicofarmaci, soprattutto ansiolitici e antidepressivi, spesso da anni.

L'obiettivo del nostro lavoro è arrivare a stare bene senza l'aiuto degli psicofarmaci.

Quello che ci preoccupa moltissimo è che, in generale, vediamo un pericoloso aumento del consumo di psicofarmaci (ansiolitici soprattutto), che vengono prescritti sempre più facilmente.

Quello che ci preoccupa moltissimo è che, in generale, vediamo un pericoloso aumento del consumo di psicofarmaci (specie ansiolitici e antidepressivi), che vengono prescritti semre più facilmente e lasciati come unico tentativo di risolvere un problema.

Quello che ci terrorizza e' la crescente tendenza a dare psicofarmaci anche ad adolescenti e bambini!

Nell'articolo "il diritto alla tristezza", pubblicato più di un anno fa sul nostro sito Psicologo Melzo Psicologo Novate, avevamo già affrontato il tema del rischio della facilità con cui si tende a diagnosticare la depressione, soprattutto in ottica futura (e ci siamo occupati anche di come stiano nascendo alcuni programmi informatici per diagnosi -e cure- precoci).

Preoccupa moltissimo anche la tendenza a considerare le sofferenze psicologiche come organiche o genetiche, pensando che ci sia qualcosa di irrimediabilmente rotto o sbagliato nel cervello: se il presupposto è questo, e si riduce la sofferenza mentale ad una questione di chimica, la conclusione è che si possono curare solo giocando al piccolo chimico, trovando il cocktail di farmaci giusti.

Diverso è invece pensare che ogni comportamento ha un significato relazionale, che una persona non "è" depressa, non "è" ossessiva e non "è"ansiosa, ma "fa" la depressa, "fa" l'ossessiva, "fa" l'ansiosa: occorre passare dalla dimensione dell'essere (che pregiudica ogni possibilità di cambiamento), a quella del fare, che lascia aperta la possibilità di cambiare comportamento

Qualcuno può rispondere che tanti studi oramai dimostrano come la depressione dipenda da neurotrasmettitori e serotonina: verissimo, ma il punto è che tanti studi dimostrano come spesso questi valori chimici cambino in conseguenza a eventi e relazioni: i cambiamenti dei livelli di serotonina non sono la causa della depressione, ma un suo effetto (e ci sono studi risalenti già agli anni '80 su questo, per esempio quelli di McGuire et al., 1983)

Proprio quest'anno (2013) è stato tradotto in italiano il libro "indagine su un'epidemia", di R. Whitaker, un libro che mostra come ci sia stato un incredibile aumento di diagnosi psichiatriche (anche infantili, purtroppo) successivamente al boom degli psicofarmaci, e come siano parallelamente aumentate le cronicità e diminuite le guarigioni.

L'edizione italiana è curata da uno psichiatra piemontese, il dott. Giuseppe Tibaldi, che pur partendo da un'impostazione medica (e quindi favorevole ai farmaci), nel corso della sua esperienza è arrivato ad assumere una posizione molto diversa nei confronti degli psicofarmaci.

Ora spieghiamo perché abbiamo questo atteggiamento preoccupato verso gli psicofarmaci.

moltissimi articoli dimostrano come l'aspettativa di vita di chi assume psicofarmaci (in pazienti schizofrenici e bipolari) cronicamente sia tra i 16 e i 25 anni inferiore rispetto a chi non ne assume, per colpa dei tanti effetti collaterali e complicanze cardio-metaboliche, obesità, diabete, ipertensione ecc. (Ray et. Al, 2009)

sono stati scoperti due gravissime informazioni sugli studi che dimostrano i benefici degli psicofarmaci: il primo è che molti erano i cosìdetti articoli "scritti da fantasmi" (ghost-written), ovvero stilati da case farmaceutiche e firmati da ricercatori noti che davano autorevolezza ad una ricerca mai condotta.

Il secondo punto, è una serie di manomissioni metodologiche che viziano sia la scelta del campione che il metodo con cui gli studi vengono condotti. (Rimandiamo alla lettura del libro "Indagine su un'epidemia" per chi volesse approfondire la questione.)

C'è un rapporto diretto tra l'utilizzo di psicofarmaci a lungo termine e la cronicizzazione de disturbi mentali (schizofrenia, depressione, disturbo bipolare): in altre parole, più si usano i farmaci, più si favoriscono le ricadute: ricerche dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dimostrano come nei paesi in cui gli psicofarmaci sono meno diffusi, le percentuali di guarigione sono molto più alte che nei paesi in cui si usano psicofarmaci

Nel 2007, gli americani con invalidità civile per diagnosi psichiatriche era il doppio del 1987 e sei volte maggiore del 1955: in pratica, negli anni in cui si sono usati più psicofarmaci, sono aumentati i malati.

Anche per i bambini succede la stessa cosa, con le diagnosi di iperattività, disturbo dell'attenzione, ADHD... anche nei bambini, il numero di diagnosi che danno invalidità psichiatrica (ai bambini!!!) è raddoppiato, mentre tutte le altre patologie invalidanti (malattie cardiache, oncologiche, ritardo mentale) sono diminuite. Capite bene il rischio di etichettare come "malato psichiatrico" (o rotto e sbagliato) un bambino, magari facendogli già prendere psicofarmaci come fossero insulina per il diabete già da piccoli, crea un pregiudizio per la crescita.

Gli psicofarmaci abbattono e cancellano il significato relazionale del disagio, del disturbo mentale e della sofferenza. Cito il dott. Tibaldi nella sua prefazione all'edizione italiana di "Indagine su un'epidemia": "il farmaco svolge un ruolo negativo perché consente una riproposizione aggiornata della cultura del manicomio, del rischio di compressione e svalutazione del tempo della relazione" (pag. XVI)

Psicofarmaci e psicoterapia

Una precisazione sul nostro modo di lavorare con le persone che si rivolgono nei nostri studi di Psicologia a Melzo e Novate 

È vero che il nostro obiettivo è di poter aiutare la persona a stare bene anche senza l'uso dei farmaci, ma noi non imponiamo né consigliamo alle persone che si rivolgono a noi di smettere con gli ansiolitici, i neurolettici o gli antidepressivi: per noi l'importante è che la persona sia attiva e competente rispetto ai farmaci che prende.

Che vantaggi e svantaggi ha, quale grado di dipendenza pensa di avere, se e in quanto reputa possibile smettere col farmaco

Riferimenti bibliografici

  • McGuire, M., Raleigh, M.J., Johnson, C. (1983). Social Dominance in Adult MaleVervet Monkeys: General Consideration. Soc. Sci. Info. Vol. 22, 89-123
  • Ray, W.A,. & al. (2009). Atypical antipsychotic drugs and the risk of sudden cardiac death. New England Journal of Medicine. 2009, 360: 255-35.
  • Tibaldi, G. (2013) Presentazione dell'edizione italiana. In: Whitaker. R.,(2011) Indagine su un'epidemia. Roma. Giovanni Fioriti Editore
  • Tiihonen, J., & al. (2011). No mental health without physical health. The Lancet. 377:611.
  • Whitaker, R. (2010).Anatomy of an epidemic. The Park Literary Group.

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa navigare più comodamente e meglio sul nostro sito, sperando di rendertelo ancora più interessante. Se desideri saperne di più o vuoi sapere come bloccarli  clicca QUI