Fiabe e psicologia
Le fiabe sono una risorsa importante per la vita psicologica dei bambini e uno strumento utile per favorire l'addormentamento e la relazione con i genitori
Già a due anni e mezzo i bambini sono in grado di comprendere la lettura di una fiaba.
L'importanza della prevedibilità
È importante considerare la fiaba dal punto di vista dei bambini, tenendo conto delle loro caratteristiche psicologiche:
per i bambini una caratteristica molto importante è l'abitudinarietà, la routinarietà, cioè la possibilità di poter prevedere quanto accade e accadrà grazie alla presenza di ritmi e attività che si succedono con una certa regolarità.
In altri articoli su Psicologo Melzo e Psicologo Novate abbiamo visto come la possibilità per i bambini di essere esposti a ritmi e attività prevedibili risulti molto utile anche per aiutare il sonno nei neonati, ma anche il sonno nei bambini in età da scuola materna.
Questa attitudine all'abitudine spiega come mai spesso i bambini preferiscano per lunghi periodi uno stesso cartone animato (per esempio rivedere sempre lo stesso dvd)... anche per le fiabe è uguale: noi adulti ci annoiamo e preferiremmo magari leggere fiabe nuove, pensando che per i bambini sia più interessante:
invece ai bambini non interessa della "sorpresa finale" del lieto fine, anzi, conoscerlo già crea un'attesa maggiore.
Leggere la fiaba anziché raccontarla
Anche nelle fiabe questa caratteristica si presenta: questo è il motivo per cui è molto meglio leggere le fiabe anziché raccontarle, perché leggendo siamo certi che useremo le stesse parole e la stessa cadenza, mentre se raccontassimo la stessa fiaba, pur conoscendola a memoria, sarebbe più facile modificare alcune parole, frasi... Ovviamente non cambia la trama, ma per i bambini è più difficile sintonizzarsi sul racconto. Inoltre, attraverso la lettura, si crea un ritmo conversazionale che accompagna il bambino in modo rassicurante.
Le caratteristiche psicologiche della fiaba
Ci sono tante fiabe, alcune hanno una morale esplicita (si pensi alla cicala e alla formica), altre vedono il lieto fine verificarsi grazie all'arrivo di un eroe che salva la protagonista (il principe azzurro della Bella Addormentata o di Biancaneve, il cacciatore di Cappuccetto Rosso).
Da un punto di vista psicologico credo siano più interessanti altre fiabe, quelle in cui la trama è resa interessante dal fatto che il protagonista abbia un problema da risolvere (un bambino che si è perso, un animale intrappolato, un personaggio in pericolo per colpa di un cattivo...) e viene aiutato da un personaggio che dà degli aiuti o degli strumenti (il mago che fornisce alcune pozioni magiche, la fata che consiglia come fare quando la strega si allontana...).
Il lieto fine però si verifica perché il protagonista riuscirà a vincere le sfide utilizzando gli aiuti ricevuti, ma è lui che deve utilizzarli.
La fiaba diventa quindi metafora della vita:
come potrebbe un bambino non avere paura se non pensasse che i suoi genitori non siano capaci di aiutarlo ad affrontare i problemi della vita? I genitori sono come i maghi o le fate delle fiabe, quelli che danno gli aiuti o gli strumenti magici, ma sta al protagonista, il bambino, avere la responsabilità di utilizzarli e di affrontare il proprio drago.
In questo modo il bambino, attraverso l'esperienza piacevole delle fiabe, impara che nella vita è aiutato dai genitori che lo sanno proteggere ed aiutare, ma che poi tocca a lui a risolvere i problemi e a crescere.
(A questo proposito, ci sembra utile richiamare per i genitori l'articolo di Psicologo Melzo e Psicologo Novate rispetto all'utilità di lasciar sbagliare i figli).