dal gioco alla patologia i segnali di allarme

In un altro articolo di Psicologo Melzo abbiamo visto che cosa significhi esser un giocatore patologico… occupiamoci ora di quali sono le tappe che portano una persona a vivere il gioco non più come occasione ludica di divertimento, ma come una vera e propria dipendenza.

Innanzitutto, chiariamo che giocatore patologico non significa giocatore d’azzardo: una persona può sperimentare il gioco d’azzardo ma non essere patologica. Non è il tipo di gioco a creare la patologia, ma il modo con cui ci si rapporta: anzi, la maggior parte dei giocatori patologici utilizza giochi assolutamente legali con modalità che rispettano la legge.

Il gioco è patologico quando diventa una dipendenza… c’è una vera e propria “carriera” che porta alla dipendenza, così come accade per le droghe, per l’alcol, per il fumo… non è sufficiente sperimentare una volta l’esperienza per esserne dipendenti, né si diventa dipendenti dalla sera al mattino(quanti hanno provato a fumare una sigaretta senza poi diventare fumatori, per esempio?)

Il primo campanello d’allarme a cui prestare attenzione suona quando il gioco inizia a diventare sempre più frequente e la persona supera puntualmente ogni limite che si pone, a livello di soldi e/o tempo dedicato.

“Gioco solo due volte a settimana e basta”… “gioco solo un’ora e smetto…”, “arrivo a trenta euro e mi fermo”… quando i limiti che una persona si pone vengono sistematicamente superati, è segno che vi è un’incapacità di resistere all’impulso di giocare ogni volta che se ne ha l’occasione, si può arrivare a giocare più denaro di quel che ci si può permettere di perdere o trascurare altre attività, impegni o affetti che costituiscono la propria realtà.

Dicevamo che però non si passa dalla sera al mattino ad esser dei giocatori problematici, ad esser dei “gamblers” (come si dice in inglese)… ci sono delle fasi attraverso cui un giocatore passa (Custer, 1984).

La prima fase è una sorta di luna di miele con il gioco, può durare dai pochi mesi a qualche anno: si tratta della “fase vincente”, nel quale l’eccitazione per il gioco è data soprattutto dall’immaginarsi le possibili vincite… Quando qualche vincita avviene, paradossalmente non è una fortuna, perché questo alimenta l’impressione di dominare la fortuna, di poter vincere sempre di più.

È in questa fase che scatta la dipendenza psicologica, motivo per cui il giocatore non riesce a smettere nemmeno quando subentra la fase successiva:

La fase perdente, dura circa cinque anni, le perdite sono più presenti e importanti, al punto che possono iniziare a comparire coperture e menzogne, accompagnate da un progressivo ritiro sociale e ad un comportamento maggiormente irritabile ed ansioso.

In questo periodo iniziano ad accumularsi i primi debiti, ma la speranza che “la prossima volta” ci sarà una vincita capace di ripristinare l’equilibrio e di risolvere il tutto. Il meccanismo della dipendenza è mantenuto anche dal fatto che tale speranza, per il giocatore, in realtà è una vera e propria certezza, che spinge sempre più ad altre giocate.

Può anche esser che, rispetto alle ricerche di Custer, del 1984, i tempi di transizione tra questa fase e la prossima siano molto più brevi, grazie alla facilità di accesso ai giochi…

La dinamica del giocatore si aggrava, è la fase della “rincorsa della perdita”: si gioca sempre di più con l’idea di recuperare. Sono, a questo punto del processo, già iniziati i primi prestiti, chiesti nel tentativo di arginare i debiti. Subentra qui l’idea del “vinco, saldo i debiti e poi smetto”.

Ovviamente si tratta di un circolo vizioso nel quale con l’idea di recuperare i debiti si gioca sempre di più per aumentare le chances di vittoria, con l’effetto di aumentare ulteriormente i debiti:

si entra nella fase della disperazione, dove oramai la persona ha completamente perso il controllo del gioco, subentrano anche sintomi quali perdita del sonno e dell’appetito, accentuarsi di consumo di fumo e alcol, insorgono attacchi di panico e apatia.

Possono verificarsi atti illegali allo scopo di procurarsi il denaro, anche se queste azioni sono opposte ai valori della persona... le bugie son sempre peggio costruite, si perde di credibilità, la persona non è più creduta dagli altri e si generano per cui anche aggressività e accuse.

La fase della perdita della speranza è caratterizzata dalla comparsa di pensieri e tentativi di suicidio, problemi con la giustizia, crisi coniugali e divorzi...

..vedremo in un altro articolo quali sono le tappe che invece possono costituire l’uscita dalla condizione patologica.

Riferimento bibliografico
Custer, R. L. (1984). Profile of the pathological gambler. Journal of Clinical Psychiatry, 45, 35-38.

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