La vita in un attimo - che cosa ci insegna sulla sistemica?

Un ottimo film grazie al quale possiamo introdurre concetti tipici del pensiero sistemico

Un piccolo condensato di concetti utili per chi desidera alcuni assaggi di un pensare in modo sistemico relazionale: questo è come potrebbe venir definito "La vita in un attimo (titolo originale "Life itself") di Dan Fogelman, del 2017.

L'approccio narrativo

Partiamo subito dal dire quali non sono i motivi per cui "La vita in un attimo" è considerabile un piccolo capolavoro di matrice sistemico relazionale: non è per il messaggio finale del film (a prescindere dal fatto che piaccia o non piaccia) o dall'intreccio nella trama che porta all'incontro dei due personaggi su una panchina di una strada di New York (chi avrà visto il film capirà, per chi non lo ha ancora fatto non vorrei spoilerare troppo). Entrambe le variabili citate sono parte di una trama, che però non è la variabile su cui mi concentrerei maggiormente.

A interessarmi di più è l'originalità della struttura narrativa: pochi film, come "La vita in un attimo", riescono a essere potenti messaggeri dell'importanza della narrazione e, traslato in un linguaggio più terapeutico, dell'approccio narrativo. Un altro film magistrale, da questo punto di vista, è sicuramente "The big Fish" (film del 2004 di Tim Burton): entrambi sono un ottimo esempio di come la narrazione sia qualcosa che possa dar vita al passato, qualcosa che attraverso il ri-narrare l'esperienza passata possa incidere su come si percepisce e vive il presente (e, di conseguenza, il futuro).

I contenuti che costruiscono la storia del film sono ovviamente importanti dal punto di vista cinematografico: qualcuno li troverà interessanti, altri li troveranno strazianti, qualcuno ci vedrà un messaggio di amore, di speranza, o di banalità, o di realtà... ma a prescindere da come essi vengono vissuti e giudicati dagli spettatori, sicuramente prevalgono due elementi, entrambi molto importanti per comprendere l'approccio sistemico relazionale.

La ricerca del significato

In primis, emerge molto forte quanto, come essere umani, abbiamo un bisogno primario di attribuire senso alla realtà. Non ne possiamo fare a meno. Se ci pensate, attribuiamo significati e forme in continuazione a oggetti o eventi che in sé non ne avrebbero: pensate all'istinto di vedere nelle nuvole delle forme, "assomiglia a un cane", "sembra un'aquila..." (... noi psicologi ne abbiamo fatto un business sostituendo delle macchie di inchiostro alle nuvole), oppure al significato italiano di "bere un caffè", che spesso non significa "introduciamo caffeina nel corpo", ma "beviamo qualcosa insieme, prendiamoci cinque minuti"; "scambiamoci due parole".
Ecco, nel film "La vita in un attimo" emerge forte la ricerca del significato, il ricostruire il senso e il significato delle vicende all'interno di "una storia più grande", come dice il sottotitolo italiano della pellicola.

Dalla storia raccontata alla storia vissuta

Un altro elemento fondamentale è il superamento della "storia raccontata": con "storia raccontata" si intendono i contenuti con cui una persona narra la propria storia, le proprie vicende, come fornisce spiegazioni sugli eventi che le capitano (il concetto è ben descritto da Ugazio in "Storie permesse e storie proibite", 1998 e 2012, edito da Bollati Bollinghieri). Superare la storia raccontata non significa non darle importanza, ma significa avere in mente che è solo una componente con cui la persona si racconta. In terapia si sta attenti alla storia vissuta, cioè i dati, i nessi temporali.. Nel film, a onore del vero, non emerge questo aspetto in modo esplicito. Appare però un interessante spunto, che l'autore comunica attribuendola alla tesi di una dei personaggi principali: nella propria dissertazione, la ragazza parla di quanto il narratore, nel proprio ruolo, sia sempre, più o meno volontariamente, inaffidabile, motivo per cui tutte le storie che ascoltiamo possono non essere vere, anzi, non lo saranno. L'aspetto più interessante è che questo tema è raccontato dal fidanzato della ragazza alla propria psicoterapeuta. Quando la psicologa invita il ragazzo a rispondere a un'altra domanda, la risposta è: "ma allora non mi ha ascoltato, ho parlato di quanto il narratore sia inaffidabile, che senso ha raccontare...".

Siamo forse alla ricerca della verità durante le conversazioni in psicoterapia?
Heinz Von Forster sosteneva che "la verità è invenzione di un bugiardo" (dal libro "Colloqui per scettici", del 1998). In realtà, quando una persona racconta, diventa interessante non tanto quanto sia aderente "al vero" il suo racconto (non mi riferisco al fatto che la persona menta coscientemente, quello anche avrebbe un proprio significato che non discutiamo qui), a essere più interessante e orientante è come costruisce e attribuisce i significati (si tratta di un concetto che se approfondito spiegherebbe la differenza tra l'interpretazione dei sogni, più tipica di un approccio psicodinamico, e il lavoro coi sogni che si può fare all'interno di una cornice sistemica) a quel che racconta: ecco perchè, in una prospettiva sistemica, non destano interesse solo le informazioni, ma il modo in cui vengono raccontate, spiegate.

Un'ottica trigenerazionale

Un altro elemento tipicamente sistemico è l'analisi trigenerazionale delle vicende: come sistemici, abbiamo il pregiudizio che la nostra personalità si co-costruisce all'interno delle relazioni fin da quando nasciamo (o anche prima, perché già alla nascita un bambino è investito di attribuzioni di significato sul suo essere maschio, femmina, primogenito, assomigliante a... "tutto sua madre/padre..." ecc). Anche questo nel film si vede benissimo, ma si può cogliere molto bene come venga data attenzione all'analisi trigenerazionale per comprendere il modo di agire e di comportarsi di una persona, su quali valori si orienta e quali emozioni diventano prevalenti.

Un'insolita concezione di tempo

Dallo story telling del film emerge un altro concetto molto caro all'approccio sistemico, ovvero il concetto di tempo, che non è mai considerato nella sua concezione più classica, ovvero in modo lineare, dal passato al futuro, ma in modo "circolare", curvo, come sosteneva anche Einstein. Per chi volesse approfondire, da un punto di vista cinematografico, è la serie tv "Dark. I Segreti di Winden"

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