mio figlio è stato bocciato! cosa faccio?

Lo psicologo e i problemi scolastici

Siamo agli sgoccioli dell’anno scolastico: qualcuno è già in vacanza, o si gode la fine delle lezioni con feste, pizzate di fine anno, relax estivo. Per altri ragazzi, e per le loro famiglie, si profila invece un periodo più teso e faticoso se il responso della pagella è una bocciatura. Diversi genitori nei nostri studi di psicologia a Novate e Melzo ci chiedono come affrontare questa situazione.

Che cosa fare come genitori se il figlio è sato bocciato?

I dubbi dei genitori

É giusto arrabbiarsi e punire il proprio figlio oppure è meglio non dire niente per non esasperare la situazione? Più che ragionare su che cosa è giusto e sbagliato, vediamo piuttosto che cosa possa essere più utile per il ragazzo.

Arrabbiarsi o no? È molto probabile che i genitori possano rimanere molto male ed essere anche arrabbiati, sarebbe poco sano se la notizia passasse nell’indifferenza.

Il parere dello psicologo

L’importante è che la rabbia non degeneri in attacchi che squalifichino il figlio sul livello personale: è necessario che i rimproveri siano rivolti ai comportamenti e non alla personalità del ragazzo. Si tratta peraltro di una regola d’oro da tenere bene in mente anche nelle discussioni col partner (“sei sempre il solito” o “sei come tua madre” sono le classiche frasi da non usare mai): cercare di cambiare i propri comportamenti sbagliati è senz’altro possibile e molto più facile che provare a modificare alcune caratteristiche di personalità che ci vengono attribuite.

Non andrebbero mai usate quindi espressioni come “sei un incapace”, “sei un irresponsabile”, “sei un fannullone”, ma piuttosto sottolineare i comportamenti e gli atteggiamenti che hanno portato all’insuccesso scolastico.

I castighi

Bisogna dare dei castighi? In che misura?

E i castighi? É giusto proibire le uscite, sequestrare il cellulare o il computer? Le ricerche psicologiche ci rivelano che con le punizioni si apprende molto di meno che non un sistema di “premi” che rinforzino le azioni positive, ma, al di là di questo, secondo noi è importante che i castighi vengano dati nella misura in cui i genitori in primis possano garantirne la rispettabilità: è inutile infliggere punizioni troppo grandi che poi sono i genitori stessi a non far rispettare.

Inutile quindi dare castighi della serie “non esci per tutta l’estate” o “non userai più facebook” perché tanto sono destinati a fallire (senso di colpa dei genitori, presa di consapevolezza che non sono effettivamente utili…): meglio quindi dare castighi che i genitori sanno con certezza di poter reggere, magari dicendo già per quanto dureranno (“non esci per due settimane”, per esempio). Se i genitori non tengono fede ai castighi che impartiscono, il meccanismo della punizione perde subito di efficacia e non avrebbe nemmeno una valenza come deterrente.

Quanto giustificare il proprio figlio?

A nostro parere, è pericoloso anche l’atteggiamento iper protettivo da parte dei genitori, che si declina nell’attribuire le cause della bocciatura alla scuola disorganizzata e ai professori incapaci e “che ce l’hanno con te”. Può essere che siano elementi reali, ma da soli non possono spiegare una bocciatura, bisogna aiutare il ragazzo a capire qual è stata la propria parte di responsabilità.

Lo stesso discorso si applica anche ai genitori, i quali dovrebbero chiedersi se hanno attivato tutte le risorse possibili nel corso dell’anno scolastico (confronto con la scuola, ripetizioni o sostegno psicologico qualora se ne fosse ravveduta l’opportunità).

Occorre un occhio attento

Non tutte le bocciature sono uguali!

Bisogna poi anche confrontarsi con che tipo di bocciatura ci si sta relazionando: è stata una doccia fredda o il rendimento di tutto l’anno non poteva che far presagire questo tipo di conclusione? Ma, soprattutto, è stata una bocciatura che segna una grossa differenza col rendimento negli anni scolastici precedenti?

A volte anche ragazzi che sono sempre stati bravi e che si impegnano: è molte volte il caso di alcuni passaggi scolastici delicati, come il primo anno in un nuovo ciclo di studi o il passaggio del “terzo anno” nei licei. Per chi è sempre andato abbastanza bene, la frustrazione scaturita dalla bocciatura può esser più consistente.

Come andare avanti dopo la bocciatura?

Innanzitutto è bene che non si prendano decisioni avventate o sulla scia dell’emotività del momento, da parte sia dei figli che dei genitori (“non vado più a scuola”, “ti cambiamo scuola”…).

Dopo aver lasciato decantare un po’ la delusione, è utile ragionare insieme su come proseguire il prossimo anno, se riprovare nel medesimo istituto, oppure cambiarlo mantenendo lo stesso tipo di indirizzo scolastico o se cambiare più o meno radicalmente scuola.
Abbiamo già affrontato in un altro articolo quanto il tema della scelta della scuola sia molto importante anche a livello identitario per un ragazzo.

Ci preme sottolineare quanto, in questo passaggio, che se i genitori hanno intenzione di far cambiare scuola, vengano date delle scelte che siano realmente tali. Ci spieghiamo meglio: se un ragazzo viene bocciato in un liceo classico e i genitori, che magari sono persone socialmente e culturalmente elevate dicono:

“se non ce la fai al liceo vai pure alla scuola X”, si tratta della classica scelta obbligata, perché il ragazzo avrà colto benissimo che dietro le parole seppur possibiliste dei genitori, c’è in realtà un’implicita squalifica del corso da loro indicato come prospettiva, col rischio che il ragazzo persista nella scuola già iniziata seppur questa non sia quella a lui più indicata.

E se ci fossero delle difficoltà oggettive? Come superarle?

Infine, a volta una bocciatura, soprattutto in anni precedenti le scuole superiori (anche se non di rado si tratta di situazioni che si verificano anche dopo le scuole dell’obbligo), può esser causata da problemi di disturbi specifici dell’apprendimento  o da altre problematiche di tipo funzionale, per le quali può essere utile ricorrere ad una valutazione che dia modo, eventualmente, di iniziare programmi di potenziamento o ricorrere all’uso di strumenti compensativi che le scuole, per legge, sono obbligate ad adottare.

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