Psicologia del condominio e del vicinato

Psicologia del condominio e del vicinato: perchè siamo così chiusi verso i vicini di casa?

Uno stereotipo...

Uno dei luoghi più comuni che riguardano gli italiani che vivono in grandi città, e soprattutto in città del nord, è che siano talmente “chiusi” e “indaffarati” al punto da non conoscere i propri vicini di casa, inclusi (e soprattutto) quelli che vivono nel proprio condominio, magari sul proprio stesso pianerottolo.
Si tratta di una situazione per certi versi contradditoria rispetto alla tendenza di essere sempre connessi coi propri contatti social (whatsapp, facebook) anche dentro le mura domestiche.

..ed una (apparente?) contraddizione:

Credo che questo dato (l’aumento dei contatti social vs interesse per relazioni coi vicini) non vada a favore di alcune spiegazioni che maggiormente si utilizzano per spiegare questo tipo di chiusura relazionale, ovvero:
- frenesia e ritmi della quotidianità
- voglia di stare nella propria privacy e con la propria famiglia (in quante case più di un individuo passa più tempo sui social che non a conversare coi familiari?)

L'aiuto della psicologia sociale e della sociologia

Diffusione della responsabilità

Forse il poco tempo che si intende dedicare alla socializzazione col vicinato ha radici diverse: in parte il pregiudizio che coi vicini si interagisce poco diventa sempre più, nell’opinione pubblica, un giudizio vero e proprio e quindi un dato di fatto: ci si sente “autorizzati” a non investire relazionalmente coi vicini “perché si fa così”: questo spiega anche perché molte persone non prendono l’iniziativa perché dichiarano di temere di sentirsi invadenti e/o rifiutati dai condomini.. si tratta di uno dei tanti volti della diffusione della responsabilità, di cui abbiamo già parlato su Psicologo Melzo.

Pregiudizi culturali

Ci sono poi fattori sociologici: l’ambiente sempre più interculturale è percepito per la maggior parte delle persone con diffidenza. Anche chi si proclama a favore dell’integrazione (come fosse un qualcosa da accettare o verso cui dare il proprio benestare piuttosto che una dinamica relazionale in cui attivarsi) spesso rimane imbrigliato in quello che gli inglesi definiscono il NIMBY (not in my backyard), cioè “va tutto bene, ma non nel mio cortile di casa”. È l’esempio classico di chi è favorevole a, per esempio, costruire nuove strade, allargare la rete ferroviaria, lavori per nuove linee metropolitane... basta che non riguardino la propria strada, la propria zona, per i disagi che ne conseguono. Ecco, rispetto al tema della migrazione, forse l’esempio più calzante, portando il tema all’eccesso, è quello del film “Indovina chi viene a cena
Il contesto storico attuale, caratterizzato da forte crisi economica e paura di attentati terroristici provenienti da correnti estremiste islamiche, non aiuta a vincere pregiudizi verso vicini di casa.

Maggior mobilità e meno radicamento

Un’altra caratteristica sociologica dei nostri anni è caratterizzata da una maggior mobilità delle persone rispetto ad anni fa, soprattutto per una minor stabilità e stanzialità lavorativa e anche perché i mutati contesti familiari (per esempio, single di ritorno, single che poi stringono convivenze, famiglie allargate) inducono una maggior percentuale di trasferimenti abitativi rispetto al passato, motivo per cui si è meno motivati a investire emotivamente sui propri vicini.
Non a caso, i fattori che più risultano favorevoli verso la costruzione di rapporti tra vicini di casa sono proprio legati all’omogeneità culturale, economica e anche rispetto alle routine quotidiane (cioè la sincronia di tempi e orari che portano più facilmente a incontrarsi).

..altre storie possibili?

Creare rapporti positivi può essere una risorsa, sia emotiva che concreta, in caso di bisogno per esempio, e migliorare la qualità della vita condominiale (si pensi ad esempio alle assemblee di condominio che i film di Fantozzi hanno eletto a uno degli stereotipi tipici della cultura italiana). Le occasioni e gli stimoli possono esser molteplici, l'importante è creare presupposti per condividere tempo e spazi, bastano gesti apparentemente banali (tenere aperto il cancelletto, condivisione di cibo, cura di spazi comuni, salutarsi se ci si incontra in altri luoghi -supermercati, chiesa, palestre...).

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