Il cantico di Natale di Dickens: dalla teoria del trauma alla multifinalità

Ebenezer Scrooge, o, più conosciuto come “il sig. Scrooge”, è uno dei personaggi più famosi della letteratura: fin da bambini infatti la storia del Cantico di Natale di Charles Dickens è raccontata e presentata sotto forma di cartoni animati, anche la Walt Disney ne aveva realizzato una versione.

La storia è decisamente famosa: il sig. Scrooge, vecchio avaro, dispotico nei confronti dei propri dipendenti e decisamente poco socievole, durante la notte di Natale riceve la visita di tre spiriti. L’ultimo, lo spirito del Natale futuro, gli mostra il proprio cadavere, la propria tomba abbandonata e i suoi averi che vengono spartiti e distribuiti a sconosciuti, mentre assiste ai commenti negativi delle persone sul proprio conto.

In seguito a questa visione, l’uomo cambia completamente la propria condotta, diventando l’opposto di quel che era.

Secondo certe analisi psicologiche, l’aver vissuto il “trauma” della visione della propria morte e di come sarebbero finiti la sua vita, i suoi averi e i ricordi nelle persone, costituisce un’importante “esperienza di risveglio”, che consente alla persona di riscattarsi.

Si tratta ovviamente di una novella, ma l’esperienza terapeutica porta a supportare questa tesi quando si lavora con persone che sono guarite da una malattia gravissima o sono rimasti illesi da qualche incidente.
Non è però sempre così che da alcune esperienze di “scampato pericolo” si rinasce.

Sempre attingendo dalla letteratura, nel romanzo “La regola dell’equilibrio” di Gianrico Carofiglio, un personaggio vive per qualche giorno il dramma di una diagnosi infausta, rivelatasi poi un errore diagnostico. Il personaggio in questione non “rinasce” emotivamente, né sente di far tesoro della propria vita, che temeva persa: piuttosto, verbalizza quanto questa esperienza lo abbia indebolito, lasciando in eredità un senso di precarietà e di fragilità che lo rendono spossato.

Certo, sono solo due esempi letterari, ma l’esperienza clinica, e forse anche quella personale di voi che leggete, attingendo magari dalle vostre conoscenze, ci mostra come non tutti reagiamo alla stessa maniera davanti ad un medesimo evento.

Proprio per questo motivo a livello di pensiero sistemico non esiste il concetto di “trauma”, come qualcosa che segna un prima ed un dopo indelebilmente connesso all’evento ritenuto “traumatico”. A livello sistemico si parla di “multifinalità” ed “equifinalità”: nel primo caso, si intende mostrare come pur partendo da esperienze simili (“l’esperienza del risveglio”) si possono avere esiti diversi (Dickens vs Carofiglio), con “equifinalità” invede si sottolinea come ad una stessa situazione si possa giungere da percorsi ed esperienze molto diverse.

Nessun intento di rappresentare un quarto Spirito di Natale, ma solamente l’intenzione di rendere un po’ più complesso il modo di pensare, e costruire, la realtà.

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