quando perdere non basta

Avevamo visto, in un precedente articolo di Psicologo a Melzo Psicologo a Novate, come una vincita al gioco attivi aree del cervello che danno la sensazione di piacere, inducendoci a giocare di nuovo.
Sembrerebbe tutto logico, ma sembra meno comprensibile come mai, allora, quando si perde non passa la voglia di giocare.

In effetti, molti studi di psicologia hanno dimostrato come le persone abbiano normalmente una certa "avversione alla perdita" (loss aversion), al punto che, per esempio, perdere 50 euro ci dispiace due volte di più di quanto ci faccia piacere vincerne 50.

Ma come mai allora quando si perde al gioco non ci si ferma e, al contrario, si continua a giocare, pur mettendo a rischio, nei casi più gravi anche l'intero patrimonio?
Si tratta principalmente di un problema di percezione:

i 2 euro spesi per il gratta e vinci, o la monetina infilata nella slot machine, non sono percepiti come una "perdita", per cui non attivano il "circuito della punizione", cioè quelle aree cerebrali che si attivano nel momento di una perdita (dandoci ovviamente sensazioni dolorose e negative).

In parte questo avviene perché "tanto per due euro non cambia niente", o perché "sono solo monete"... ma anche quando si tratta di somme più sostanziose, vengono considerate emotivamente come "costi del gioco" (al pari del costo del ristorante per una buona cena, o del costo per fare una vacanza), non come "perdite".

Per assurdo, se il biglietto del gratta e vinci fosse gratis, ma in caso di sconfitta occorrerebbe dare 2 euro al barista", dal punto di vista logico, matematico ed economico, non cambia niente rispetto a come il gioco è già. Psicologicamente invece la prospettiva cambia molto, perché il costo sarebbe percepito come una perdita, si attiverebbe il sistema della punizione e il comportamento del gioco sparirebbe presto.

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