Scuola e disabilità: le insidie della Buona Scuola

Tra le pieghe della Legge e le piaghe della Realtà

Nonostante quanto previsto dalle numerose leggi in materia, le attività didattica i di alunni con disabilità cognitiva e/o psichiatrica nelle scuole è totalmente affidata (leggasi “delegata” o “scaricata”) ai docenti di sostegno (non sempre messi nelle condizioni di essere preparati rispetto alle specificità delle disabilità dei propri allievi) e concretizzata soprattutto in aule esterne alla classe di appartenenza, per attività laboratoriali o di recupero generiche.

Analizziamo alcuni passaggi fondamentali che rendono meglio l’idea del divario tra Legge e Realtà, o meglio, nei giochi di manomissione delle parole operata nei testi di legge, grazie anche allo spunto offerto dal gruppo scuola CoorDown (coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di DOWN attivo dal 2003) ha analizzato l’Atto del Governo 378 in materia di Buona Scuola per valutarne il grado di innovatività e miglioramenti potenziali.

A livello di legge, si definisce che l'inclusione scolastica riguarda tutti gli alunni e gli studenti, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno.


L'inclusione scolastica si realizza nell'identità culturale, educativa, progettuale, nell'organizzazione e nel curricolo delle Istituzioni scolastiche nonché attraverso la definizione e la condivisione del progetto inclusivo tra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio.

Tuttavia, il richiamo al “progetto inclusivo” non compare più negli articoli successivi e la prevista condivisione tra i diversi soggetti scuola, famiglia e altri soggetti pubblici e privati, operanti nel territorio non appare prevista e risulta, in ogni modo, di difficile concreta attuazione, stante il contenuto degli articoli.

L'inclusione riguarda tutti gli alunni e gli studenti e non solo gli alunni con disabilità: si tratta di un principio indiscutibile, ma è impensabile tracciare traiettorie e prospettive univoche per alunni con disabilità cognitiva, psichiatrica, alunni con DSA e BES: i bisogni e le specificità sono molto differenti, e occorre prevedere anche a livello di leggi (e di fondi) misure specifiche.

Nel CAPO II
Articolo 3 (Prestazioni e competenze), si parla di massimo 22 allievi in classi con la presenza di alunni certificati: a livello operativo sarebbe forse meglio ridurre a 20 gli alunni per classi con UN SOLO allievo certificato (ecco tornare il tema delle risorse economiche per poter avere più insegnanti stante il conseguente aumento del numero di classi e di spazi anche).

IL tema della Valutazione è altrettanto importante e sottovalutato, essendo rimandato alle prove INVALSI, che spesso sono evitate dall'alunno disabile o da altri alunni con bisogni educativi speciali. Sarebbe ottimale una valutazione individualizzata di ogni alunno.

Anche gli psicologi sono coinvolti....

Un punto che tocca da vicino anche i colleghi psicologi: quanto riportato nell’articolo 5 (Certificazione e Valutazione diagnostico - funzionale) del CAPO III, richiama l’importanza di non modificare la legge 104/1992, poiché nell’attuale proposta di legge la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale diventano un unico documento e che buona parte della valutazione che viene ad oggi fatta da questi due documenti siano trasfusi nel PEI. Occore invece rimarcare l'importanza dei diversi step: Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Individualizzato (per questi ultimi due è necessario il mantenimento del GLH, referenti della riabilitazione, insegnati e famiglia).

Anche dell’Articolo 6 (Commissioni mediche)
 occorrerebbe rivederne il cuore: infatti la legge nuova non prevedrebbe più la distinzione tra diagnosi funzionale e profilo dinamico funzionale: ma la Commissione medica (accertamento della 104) non può fare la valutazione diagnostica di "un" bambino che non conosce.
In tale visione, la valutazione rischia di diventare una procedura uniforme per patologia o handicap che porterà molto probabilmente ad una uniformità di trattamento della disabilità.

L’enorme rischio è che il "progetto individuale" venga costruito con soggetti terzi che non conoscono la persona, quindi viene annullato/eliminato il reale progetto di vita.

Vedremo quanto sarà modificato nei contenuti il disegno al momento al vaglio delle commissioni parlamentari, ma già il fatto che alcune modifiche siano state presentate segna inequivocabilmente non solo l’assenza di una prospettiva migliorativa, ma anche conservativa: tali modifiche, nell’intenzione nello snellire alcune prassi burocratiche, avrebbero come effetto quello di perdere di vista la complessità delle diverse situazioni e i relativi interventi necessari.

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