Tra gli aspetti più interessanti e affascinanti riguardanti i gemelli è lo sviluppo del linguaggio: un aspetto interessante del linguaggio dei fratelli gemelli è la criptofasia, una specie di linguaggio in codice tra i gemelli, ai quali bastano molti meno elementi linguistici di quanti non ne servano alle altre persone per capirsi:
in pratica, la criptofasia (Zazzo, 1984) è una forma di comunicazione esclusiva caratterizzata da contrazione, completamento e complementarietà delle frasi, vocabolario tipico, ampio utilizzo della mimica e dei suoni onomatopeici.
Se da un lato questo linguaggio consente una complicità molto forte tra i gemelli, dall'altro rischia di creare un deficit nello sviluppo del linguaggio (Conway et al., 1980; Moilanen et al., 1999; Thorpe, 2006; Zazzo, 1984), proprio perchè i gemelli, riuscendosi a capire col minimo sforzo, non sviluppano il resto delle competenze linguistiche.
Occorre dire che però la criptofasia è un fenomeno non diffusissimo e comunque ha una durata limitata (Thorpe, et al., 2001).
Alcuni studi (Thorpe et al. 2003) hanno mostrato come i gemelli abbiano una competenza verbale inferiore ai coetanei che non sono gemelli, ma con l'inizio dell'inserimento scolastico tale divario viene recuperato (Lytton et al, 1987; Moilanen et al., 1999, Thorpe, 2006).
Esistono però delle differenze qualitative tra i gemelli e i non gemelli nel modo di esprimersi: non si tratta di avere deficit o esser migliori, ma di avere modalità differenti attraverso cui esprimersi, già prima dei 3 anni (Conway, 1980): nonostante abbiano la stessa competenza nel formulare frasi e periodi dei loro coetanei, i gemelli sembrano parlare meno e le loro espressioni tendono ad essere più corte.
Si potrebbe ipotizzare che questa differenza derivi dal fatto che le madri dei gemelli tendono a parlare meno con loro, formulando espressioni più brevi e di minore complessità rispetto alle madri dei non gemelli.
L’articolazione linguistica più povera osservata nei gemelli è stata ricondotta a due possibili fattori: da un lato la minor frequenza dell’interazione verbale con la madre e, dall’altra, il fatto che potrebbero essere i gemelli stessi a ricercare una minore interazione con l’adulto in virtù della loro appartenenza a una coppia speciale e alla loro intima vicinanza, che li porterebbe a un più frequente ricorso alla comunicazione non verbale e a interazioni reciproche.
Riferimenti bibliografici
Conway, D., Lytton, H., & Pysh, F. (1980). Twin-singleton language differences. Canadian Journal of Behaviour Science, 12(3), 264-271.
Moilanen, I., Linna, S. L., Ebeling, H., Kumpulainen, K., Tamminen, T., Piha, J., & Almqvist, F. (1999). Are twins’ behavioural/emotional problems different from singleton? European Child & Adolescent Psychiatry, 8 (4), 62-67
Thorpe, K., Greenwood, R., Eivers, A., & Rutter, M. (2001). Prevalence and developmental course of “secret language”. International Journal of Language and Communication Disorders, 36, 43-62.
Thorpe, K., Rutter, M., & Greenwood, R. (2003). Twins as a natural experiment to study the causes of mild language delay II: family interaction risk factor. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 44 (3), 342-355.
Thorpe, K. (2003). Twins and friendships. Twin research, 6, 532-535.
Thorpe, K. (2006). Twin children’s language development. Early Human Development, 82, 387-395.
Zazzo, R. (1984/1987). Le paradox des jumeaux. Paris: PUF. (trad. it. Il paradosso gemellare. Firenze: La Nuova Italia).