Psicologia del terrorismo

Nelle ultime settimane il gruppo terroristico "Stato Islamico", conosciuto anche come Isis, è spesso e purtroppo in prima pagina per le notizie della decapitazione dei due giornalisti americani e del cooperante scozzese, la cui esecuzione è stata diffusa su youtube.

L'altra notizia per cui il gruppo terroristico Isis è in primo piano è l'arruolamento volontario di molte persone provenienti da paesi occidentali, quali Stati Uniti, Inghilterra e anche la nostra Italia.  

Oltretutto, Isis è la prima organizzazione terroristica a utilizzare i social network in modo massiccio, il che le assicura una visibilità globale e accattivante (Twitter, Facebook, Youtube...) per reclutare nuovi membri e dare un messaggio di  modernità e capacità tecnologiche

In questo articolo di Psicologo Melzo e Psicologo Novate ci concentriamo su questo ultimo punto: come mai persone di paesi occidentali decidono di arruolarsi con un gruppo terroristico che come obiettivo ha la distruzione di queste nazioni?

La premessa da cui partiamo è che non ci si può fermarsi al considerare i terroristi come "pazzi", cioè persone che agiscono in preda a disturbi mentali: sarebbe un giudizio di valore che però non aiuta la comprensione del fenomeno, non aiuta a capire il senso delle scelte e le motivazioni alla base. Non aiuta, in pratica, ad arginarlo

La psicologia ha il dovere scientifico e morale di comprendere le motivazioni del comportamento umano connettendo ogni agire con una premessa di senso. In questo, spesso l'influenza americana di considerare ogni comportamento deviante dentro l'etichetta "mad or bad" (matto o cattivo) ha anestetizzato la capacità di comprendere e, quindi, intervenire in modo utile.

Un esempio

Presso l'Università del Massachussets vi è un Centro di Studi sul Terrorismo e sulla Sicurezza nel quale lavora uno psicologo di nome John Horgan, che fornisce a mio avviso una spiegazione interessante, a partire dall'analisi della testimonianza di un occidentale arruolatosi con Stato Islamico.

L'americano di cui Horgan, lo psicologo, ha analizzato il messaggio non è, contrariamente a quanto il pregiudizio ci spingerebbe a credere, un musulmano o un immigrato di seconda generazione, né una persona in difficoltà economica. "Mr. Poulin" era un libero professionista laureato, buon livello economico, con una famiglia e amicizie "normali", assolutamente senza pensieri politici anarchici o rivoluzionari.

Quel che ha spinto Pouiln (poi diventato Abu Muslin) ad arruolarsi è stato il messaggio di Isis in cui si chiede la presenza di professionisti, medici, ingegneri... un'organizzazione fondata sulle pari opportunità, non solo (ma anche, ovviamente) martiri votati al suicidio e idealisti integralisti.

Se le motivazioni dichiarate dai militanti (raccolte da un documentario della Vice Media) sono di natura religiosa e politica (distruggere gli "infedeli" – cioè i non musulmani - ), le motivazioni psicologiche implicite sono chiaramente altre.

Spesso le nuove reclute occidentali non sono minimamente interessate e a conoscenza delle motivazioni religiose

Quali dunque le motivazioni? Bisogno di appartenenza ad un'organizzazione che si percepisce come coesa contro il resto del mondo e nella quale si possa avere un ruolo chiaro e determinante?

Di certo, così come in Italia vi è un filone di ricerca sulla psicologia della mafia, occorre monitorare questo fenomeno per comprenderlo e risolverlo...

Il mio personale pregiudizio è che alla base dell'adesione di un ideale così estremo e sanguinario, nel quale spesso è incluso l'attentato suicida come livello supremo, vi siano profondi elementi di insoddisfazione e disagio psicosociale come fattore che spinge ad un arruolamento di massa, mentre per le persone più benestanti (e spesso molto ricche), occorra indagare in un contesto di quadro di personalità non dissimile da chi pur non essendo terrorista compie atti simili nella sostanza (pensate alla bomba presso l'istituto Morvillo Falcone o le esplosioni alla maratona di Boston).

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