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La Germanwing, il copilota Andres Lubitz e noi

La tragedia area del 24 marzo 2015 che ha colpito i passeggeri del volo della Germanwings ha destato un grande clamore, non solo per la drammaticità della morte di così tante persone a bordo di un aereo (il mezzo più sicuro, vero, per cui quando succede scatena ancora più clamore), ma per come è nato il disastro.
Ad oggi (mercoledì 31 marzo 2015) sembra oramai sicuro che l'incidente sia stato deliberatamente causato dal co-pilota del veivolo, Andreas Lubitz.

Essendo questo un sito di psicologia, affrontiamo l'argomento con un taglio psicologico sulla questione: possiamo considerare questo incidente come un sintomo psicopatologico che ci informa sempre su chi siamo e come funzioniamo.

Leggo su molti siti e su vari blog, anche di colleghi, ipotesi sulle diagnosi e sulle cause che avrebbero portato Andreas Lubitz a compiere questo atto suicida ma soprattutto omicida.

Perchè l'ha fatto?

Non sono in grado di fornire una spiegazione dal momento che i dati di cui siamo in possesso sono parziali e riferiti da altri: prendo però spunto dal caso per fornire una lettura che renda plausibile quanto accaduto con gli elementi emersi.

Potrebbe essere davvero stato un gesto per rendersi indimenticabile e immortale: il copilota pareva essere una persona attenta all'apparire, alla forma fisica, alle gare, all'eccellenza. Si legge di forme depressive di cui avrebbe sofferto e stesse soffrendo. Su questo non posso esprimermi, anche perché richiederebbe un'ampia digressione su che cosa sia la depressione e come la si intende da un punto di vista sistemico-relazionale. È pur vero che una caratteristica della depressione, dal nostro punto di vista, è il sentirsi "invisibili", per cui è coerente col voler compiere un gesto che porti a rendersi sicuramente ricordato e conosciuto, sebbene tragicamente.

Di più non posso dire, sulle cause e sui giochi relazionali che hanno portato a tutto questo.
Come anticipato all'inizio di questo articolo, lo scopo è trattare questa tragedia come un sintomo psicopatologico, qualcosa che cioè ha un significato e insegna qualcosa su chi lo manifesta. Voglio però cambiare il punto di vista, non focalizzarmi cioè sul copilota Andreas Lubitz, ma su di noi, considerando gli effetti di questa tragedia hanno avuto sui mass media come un sintomo della nostra società.

Cosa impariamo di noi stessi da questa catastrofe?

Da quando si è capito che l'incidente è stato causato intenzionalmente dal co-pilota, si è avvertito un senso di impotenza: ma come, tutto è avvenuto per colpa di queste porte blindate che erano state pensate proprio per evitare che questi incidenti avvenissero?!

Le porte blindate inaccessibili dall'esterno sono infatti state rese tali dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 , quando i dirottatori riuscirono a prendere possesso dei comandi degli aerei coinvolti nel disastro.
Non si è considerata l'ipotesi che "i cattivi" possono essere già dentro al cabina di pilotaggio.

Terrorista o depresso, resta il fatto che non si è riusciti a intercettare le intenzioni del copilota e a fermarlo.

Ora stanno emergendo sempre più informazioni che pare dimostrino come ci siano già stati in passato episodi di sofferenza mentale del copilota, conosciuti anche dalla Lufthansa.
Ho letto su siti e blog di colleghi psicologi che se ci fossero più psicologi in servizio negli aeroporti o nelle compagnie di volo, o se si fossero fatti dei test psicologici al copilota il disastro non sarebbe avvenuto

Mi permetto di non essere d'accordo, ma anche di sottolineare come queste proposte, così come quelle delle porte blindate (e anche della nuova regola adottate da alcune compagnie in questi giorni, tra cui Alitalia, di rendere obbligatoria la compresenza di almeno due persone nella cabina di pilotaggio) ci insegnano qualcosa su di noi: non siamo pronti ad accettare il fatto che non si può controllare tutta la realtà e nemmeno le persone.

Non credo che un test avrebbe potuto portare Lubitz a dichiarare le proprie intenzioni, così come non penso che un colloquio psicologico al decollo lo avrebbe portato a cambiare idea.. forse sì, forse no...
Non possiamo essere sicuri al 100% che con porte blindate e inaccessibili dall'esterno e la compresenza obbligatoria di almeno due persone non possano accadere più fatti del genere..
Siamo però consapevoli che per quanto si tenti di aumentare la sicurezza (e sottolineo che questo sia un atto doveroso e necessario, non vorrei passasse un messaggio diverso in chi legge) non potremmo mai essere sicuri di controllare tutte le variabili al 100%?
È la natura umana a non essere controllabile al 100%, la storia e l'esperienza ce lo insegnano quotidianamente, ma sembra essere una caratteristica altrettanto diffusa nell'uomo quella dell'illusione del controllo e del potere.

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