Ci sono lutti che scuotono l'opinione pubblica in modo violento. Non stiamo parlando dei lutti "personali" che caratterizzano la vita privata di ognuno di noi, e nemmeno i lutti di persone famose che poi si riflettono nell'attività sui social network (come descritto in "lutto e facebook").

Ci sono lutti che per la propria natura si rendono più difficilmente accettabili ed elaborabili, quali morti traumatiche e improvvise, morte di bambini... lutti più difficilmente accettabili in una cornice di senso alla quale siamo abituati (per approfondire clicca qui).

VI sono però situazioni in cui le morti lasciano sgomenta l'intera comunità perché vi sono aspetti ancora più incomprensibili che alimentano le paure: penso a questo proposito ad attentati terroristici (si pensi alle Torri Gemelle, agli attentati del 2005 Londra,

la strage dell'11 marzo di Madrid, fino al più recente massacro di Parigi nella redazione dell giornale satirico Charlie Hebdo), ma anche a delitti di cronaca nera che da mesi attirano l'attenzione dei media: il caso di Yara Gambirasio, Loris Stival ... (che poi nell'immaginario comune sono più conosciuti rispettivamente come "La povera Yara" e "il piccolo Loris").

Questi eventi aumentano il senso di "comunità" da parte delle persone, creando un fronte unito di fronte a queste morte inattese: pensate per esempio alle manifestazioni di cordoglio e solidarietà apparse dopo la strage di Parigi, con i vari #jesuischarlie e numerose vignette di cordoglio e sostegno

Se sui social network la compattezza passa attraverso la condivisione di post e pubblicazioni varie, il correlato tangibile nelle manifestazioni di piazza sono le processioni, le fiaccolate, l'adesione in massa alle funzioni funebri: ancora una volta, i social network non fanno che dare voce in un altro campo a quanto già l'uomo esprime. In questo caso, è il bisogno di sentirsi uniti (e quindi più forti, meno soli) ad emergere nelle forme di lutto collettivo, come risposta ad un evento che ha scosso tutta la comunità.

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