siamo dipendenti da facebook?

Già in altri articoli di Psicologo a Melzo e Psicologo a Novate abbiamo trattato dei risvolti psicologici che i sociali network hanno avuto negli ultimi anni, sia in termini di amicizie, sia per come scegliamo di presentarci, per esempio attraverso le foto..

Ci sono però moltissime ricerche che sottolineano come oramai, dagli adolescenti ai cinquantenni, siano in molti ad essere dipendenti da facebook. In rete si trovano molto articoli che parlano di questa dipendenza da facebook e dei profondi danni psicologici che ne derivano: stati ansiosi nell'attesa di nuove notifiche, frustrazione e delusione quando la notifica si rivela non essere quella tanto aspettata, disturbi dell'attenzione derivati dall'essere sempre connessi (per colpa degli smartphone)...

Non solo, Facebook può essere un pericoloso mezzo con cui dilaga il cyber-bullismo, o lo strumento nel quale il reale e virtuale si fondono dando vita a una pericolosissima incapacità di distinguere queste due dimensioni.

Insomma, di questo passo, dopo la battaglia per opporci all'inserimento della tristezza come categoria psicopatologica, ci toccherà combattere contro la diagnosi di facebookpatia. Ovviamente non pensiamo che non sia vero che in diversi adolescenti e adulti ci possano essere dei problemi connessi ad un uso esagerato ed improprio di facebook, ma non pensiamo che il social network sia la causa, quanto che sia solo la modalità attraverso cui si esprime un disagio.

Allo stesso modo, non è colpa del gioco del poker se molte persone diventano dei gambler... estremizzando il concetto, sarebbe come dire che è colpa delle donne se ci sono gli stupratori.

Riteniamo che attribuire la colpa a Facebook sia ripetere lo stesso errore che negli anni '80 –'90 è stato fatto nei confronti della televisione, accusata di essere diventata la balia dei bambini e fonte di offuscamento mentale.

Forse sarebbe più utile chiedersi come mai una persona sviluppa una dipendenza, a quali bisogni essa risponde, quali conseguenze relazionali essa provocadiversamente, il rischio che si corre è ridurre i problemi e le cause che provocano questi fenomeni ad una diagnosi, ad un'etichetta, per cui si arriverebbe a dire che "questo ragazzo è ritirato socialmente e depresso perché dipendente da facebook"...

Riproporremmo cioè quella che Bateson, riprendendo il Malato immaginario di Molière, definiva "spiegazione dormitiva", cioè spiegare un fenomeno complesso con un'etichetta senza significato che impedisce di comprenderne la complessità.

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